ANNO 14 n° 119
Livingstone in salottoRitorno al passato
>>> di Massimiliano Capo <<<
04/05/2015 - 00:00

di Massimiliano Capo

VITERBO - Poi ho guardato persone vestite di nero armeggiare con fuochi e scoppi e vernici spray.

Casco in testa. Occhiali sugli occhi. Maschere antigas.

Ai piedi scarpe di marchi altrove denunciati per sfruttare lavoro minorile e masse proletarie della periferia dell’impero, ma di fronte alle offerte di Ebay come resistere?

Dopotutto anche la rivoluzione russa i suoi finanziatori li ha trovati tra i suoi nemici giurati.

E allora, assoluzione dopo assoluzione, manco fossimo a San Pietro, va bene tutto pur di esercitare la geometrica potenza di un rituale così stanco che non fa nemmeno più audience in quella che qualcuno ha chiamato la società eccitata.

Così eccitata da dover alzare ogni giorno l’asticella per arrivare all’orgasmo.

E la devastazione urbana ha sempre il suo fascino.

Ho tolto il colore alla tele ed ecco, come nella macchina del tempo, l’ennesimo esempio del potere ingabbiante del passato.

Quello che vedo è un macabro e inutile flash mob dal sapore retro.

Dobbiamo imparare dai padri, così ci dicono ogni giorno.

Ma se i padri sono quelli che indossavano gli stessi caschi che ora vedo nello schermo che ho ridotto a scala di grigi, con le stesse coreografie, con le stesse irresponsabili devastazioni piccolo borghesi, allora ha ragione Thoreau quando dice che dai vecchi non abbiamo nulla da imparare.

Eppure c’è una parte di una generazione giovane che tristemente agisce una coazione a ripetere senza fine cose già viste e senza mai interrogarsi sulla relazione tra mezzi e fini.

Così lavora la retorica della memoria di un tempo che fu e che non è più.

Per fortuna, aggiungo io.

E non è che tutto vada bene. Non che questo sia il migliore dei mondi possibile.

Non che questo sia il tempo della fine della storia.

''Ma se alle nefandezze sai rispondere solo puntando verso il mondo intero il dito accusatore, allora viene inesorabilmente da pensare che tu sia capace soltanto di dire no (pacifico o devastatore che sia).

Il più potente dei no a quello che non ci piace sta nel costruire, proporre soluzioni, elaborare progetti e idee più vitali.

Se non ne sei capace, abbi almeno la dignità di non dare la colpa al mondo, né quella di cercare giustificazioni nel ciarpame ideologico''. Bolelli dixit.

Ecco, dovremmo imparare a guardare a noi stessi e in avanti.

Progettando ogni giorno la nostra trasformazione. La nostra: che sarebbe già tanto.

Quella dei nostri cari. Le 150 persone del nostro piccolo mondo.

Accogliendo con mitezza le contraddizioni di ogni presente.

Provando a trasformarle con altrettanta mitezza e amore.

La vita si afferma con ancora più vita.

Sembra parlar d’altro ma racconta benissimo questo desiderio di affermarci.

''Per me è normale che una sedicenne possa non avere gli strumenti per capire che non c’è nulla di vergognoso se hai poche tette. Una giovane donna nata nel 1999 non ha ancora conosciuto tutte le espressioni della propria e altrui femminilità: le hanno fatto vedere la bellissima Belen e lei se n’è innamorata, le hanno proposto Chiara Ferragni, che l’anno scorso ha guadagnato otto milioni di dollari, e ha ben pensato di imitarla. Potete dare la colpa ai genitori quanto vi pare, ma quei genitori siete voi. Siete voi che crescete i vostri figli cercando di tramandargli valori e sistemi del vostro mondo, della vostra generazione, ma quelli se ne fregano (giustamente, dai) e cercano di diventare figli di questo tempo, sempre più lontani dall’idea che vi siete fatti di loro. Non era lo stesso per voi quando eravate adolescenti? I vostri genitori vi rimproveravano di non avere più valori, anche se voi giuravate di averne, e moltissimi. E, prima ancora, i nonni accusavano i vostri genitori ancora adolescenti di far parte di una generazione allo sbando. Se da millenni le generazioni continuano a insultarsi di padre in figlio, non ci dovrebbe stupire che il mondo sia diventato un posto sempre meno accogliente. L’invidia della giovinezza, anche degli errori che la giovinezza fa compiere, è sempreverde''. 

Non avrei saputo dirlo meglio. Lei è Melissa Panarello.

Il nostro è il tempo della più profonda trasformazione antropologica degli ultimi secoli.

La stiamo vivendo scoprendoci ogni giorno diversi e viaggiare a vista non è mai stato semplice noi piccoli uomini, sempre alla ricerca di approdi sicuri e di rotte battute.

Qui invece di approdi e di rotte non c’è traccia.

Ad orientarci, nella nostra piccola odissea nello spazio che è la vita, ci sono solo gli occhi verdazzurri della ragazzina dai capelli chiari e il suo sorriso curioso.





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